Dante innamora ancora i giovani, ce lo conferma l'esperienza delle letture settimanali che si sono svolte per tre anni ogni giovedì sera in un piccolo locale nei pressi di Piazza Navona (A.C. Febo) con il patrocinio della Società Dante Alighieri. Qui Luca Maria Spagnuolo, giovane storico dell'arte, ha iniziato a leggere e commentare i canti della Divina Commedia, rivolgendo a un pubblico non specializzato un progetto iniziato tre anni fa, con il contributo di Eugenio De Rosa e di altri entusiasti sostenitori.
Che cosa succederà adesso? Ci sono altre attività in programma?
Lo abbiamo chiesto all'ideatore del progetto:
Luca, che cosa ha ispirato l'inizio di questa esperienza e - dopo tre anni - che cosa le ha lasciato?
È l’Italia stessa ad aver ispirato questa esperienza e questo progetto di letture dantesche. Non mi riferisco soltanto alla necessità di divulgare e rendere noto il nostro patrimonio culturale ma a qualcosa di più profondo o intimo. Rilke aveva intuito che al momento della nascita noi non siamo del tutto una tabula rasa, un vuoto quaderno su cui scrivere la nostra personale storia, ma piuttosto al momento della nostra venuta al mondo noi portiamo dentro, come la genetica ci ha insegnato, la storia dei nostri padri e della nostra civiltà.
È interessante notare come nella polemica di questi giorni sullo Ius soli si ignori un fattore determinante: il suolo. Si è partititi, cioè, dall’assunto che il suolo sia qualcosa di inerte e passivo destinato a subire l’azione dell’uomo. Tutto il dibattito si è così concentrato solo sull’uomo e suoi suoi diritti. Il suolo però non è una forza inerte, è parte attiva nella nostra vita. ha una storia e una memoria che contribuisce alla nostra crescita, come fanno i nostri genitori, nonni etc. Non è una idea nuova, questa, e non ha nessun colore politico. La stessa Bibbia ci insegna che la terra porta traccia della storia e contribuisce attivamente alla storia medesima: vediamo ad esempio le vicende di Re Erode.
Il Re Erode scopre che i tre Magi passando per il suo regno stanno andando a rendere omaggio al nuovo Re. Ma chi è questo nuovo Re? Erode ha paura e chiama i sommi sacerdoti per chiedere loro “dove è che deve nascere il Messia? In quale luogo?” I sacerdoti non hanno nessun dubbio: “A Betlemme di Giudea!”. E allegano come prova le parole dei profeti antichi. La città di Betlemme ha partecipato cioè alla storia della salvezza come forza attiva: quella terra ha dato un significato alla venuta di Gesù.
Abbiamo quindi un cordone ombelicale che ci tiene stretti alla nostra storia e alla nostra cultura, e voler riannodare tale cordone è stata l’ispirazione di “Dante per tutti”: sentirci parte di una civiltà e di una tradizione che fa ancora parte di noi e che è ancora viva. La cultura non è qualcosa da preservare e conservare: operando in questo modo noi la distanziamo e la poniamo fuori di noi.
La cultura è sempre viva; nei primi secoli del Medioevo accadeva anche che - per esempio a Padova - non si facevano problema ad eleggere un falso e ridicolo Vescovo che metteva il vero Vescovo alla berlina. Tale cerimonia affondava le sue radici nel Saturnale romano che prescriveva il rovesciamento dei ruoli sociali. In quegli anni lontani non sentivano così tanto la distanza tra la Roma antica anche se la nuova era stata già aperta dal Cristianesimo. Questa è stata l’ispirazione prima per iniziare questi tre anni di letture che in tre anni è stata confermata dalla presenza del pubblico. La necessità di riannodarci al passato e di sentirci parte di esso la sentono anche ipartecipanti agli appuntamenti. Accade qualcosa di molto bello: io e il pubblico, cerchiamo la stessa cosa e siamo sullo stesso piano. È emozionante e fa capire che c’è ancora lavoro da fare. Se continuo a cercare ed il pubblico continua a cercare vuol dire che siamo appena all’inizio.
Perché c'è ancora "bisogno di Dante" nell'Italia di oggi?
Durante questo ultimo anno spesso ho fatto precedere i canti della Divina Commedia da alcune poesie del ‘200 recitate da attori e introdotte da me. Perché l’ho fatto? Per far capire, anzitutto, che Dante non è una meteora, un fenomeno isolato tra il XIII e XIV secolo, e che anche lui come tutti viveva il suo tempo e la sua epoca. Erano anni difficili, sconvolti da guerre e faide cittadine, ma erano anche anni dove la nostra coscienza prendendo la forma del volgare italiano ha iniziato a forgiarsi e a maturare.
Grazie alla corte di Federico II finalmente il volgare italiano assumeva una dignità letteraria, nel mentre nel centro-nord italiano gli ordini di San Domenico e di San Francesco, entrando nelle piazze delle città attraverso i sermoni dei Frati, riuscivano a coinvolgere le folle, ad emozionarle, a commuoverle e ad unirle ricucendo finalmente le divisioni interne.
Era un periodo di grande fervore, dal quale gli stessi artisti non furono alieni. Ci si interrogava, ci si ponevano domande: i poeti cortesi indagavano la natura dell’amore profano e i poeti religiosi la natura dell’amore sacro, i pittori finalmente seguendo l’esempio di San Francesco e di Giotto "portarono" Dio sulla terra facendolo operare attraverso l’azione dei suoi Ministri e Dante metteva sé stesso e la sua vita al centro dell’antico problema della salvezza dell’uomo.
Leggere i testi di quegli anni ci fa percepire la continua ricerca di ciò che per l’uomo è il bene. La base di tali discussioni naturalmente era la religione, il soggetto e l’oggetto era Dio ma nel centro c’era l’uomo. L’uomo era chiamato a scoprire ciò che è bene perché solo attraverso esso poteva riconoscere Dio e giungere a Lui.
Il frutto di questa enorme ricerca lo viviamo ancora oggi. Leggendo le Laudi sacre di quegli anni e gli stessi sermoni dei Frati sono rimasto sorpreso da un fatto apparentemente banale: la continua presenza del Diavolo. In una rappresentazione sacra del XIV secolo di Orvieto vediamo messa in scena l’intera Creazione e con essa è rappresentata anche la nascita ed il ribellarsi di Lucibello, di Satana. Come a dire: la rappresentazione scenica della Creazione sarebbe incompleta senza il diavolo e l’inferno.
Eppure oggi questa "necessità" del male sembra sparita. Che fine ha fatto il diavolo? Ridateci Satana! È necessario, ci serve! Lo aveva capito anche Goethe. Oggi mi sembra che accettiamo il presunto bene in modo passivo e senza farci troppe domande, senza "conquistarcelo".
Accettare il bene come un dato di fatto che non ci coinvolge ci porta a compiere gravissimi errori, primo fra tutti il giudicare l’altro e il diverso solo attraverso un’idea che non ha alcuna radice perché non l’abbiamo fatta maturare in noi. Abbiamo bisogno di Dante e del Medioevo appunto per questo motivo. Per capire quello che noi oggi siamo perché "ce lo siamo conquistato", questo modo di essere, e per capire che ogni cosa nella esistenza individuale e sociale deve seguire le leggi della vita: deve cioè nascere, maturare e crescere. Nessuno pretenderebbe mai che un bambino a cui sia stata insegnata a memoria la formula E=mc2 capisca la teoria della relatività.
Dante, per raggiungere Dio e dare un senso alla sua vita ha dovuto scrivere novantanove canti e passare attraverso l’Inferno ed il Purgatorio. Chiamo ancora una volta in causa la Bibbia. Quale fu la prima cosa che Gesù disse ai suoi discepoli dopo la resurrezione? “Pax vobis”, la pace sia con voi, e la pace si conquista.
Molti ritengono che il Paradiso sia - tra le tre Cantiche - la meno "affascinante". Eppure è quella più complessa e certamente pone temi molto attuali. Quali sono?
Sono rimasto sorpreso in questi tre anni proprio dall'esperienza di lettura del Paradiso. Se è pur vero che restano indelebili nell’immaginazione del lettore ed uditore personaggi come Farinata degli Uberti o Ulisse, ho scoperto che molti del pubblico a lettura conclusa discutevano o mi ponevano domande intorno agli argomenti trattati nella Terza Cantica.
Quello che sorprende il pubblico è che Dante sia riuscito attraverso la poesia a raffigurare nelle sue immagini concetti profondissimi della Fede. Concetti ritenuti insondabili e complicati sono finalmente offerti in forma comprensibile. Cito ad esempio il dogma della Resurrezione della Carne: per significare che il corpo risorto emanerà una luce più forte rispetto a quella che raggerà intorno, Dante utilizza la figura del carbone ardente che dona la fiamma al fuoco eppure è più luminoso della fiamma medesima. Un’immagine che spiega uno dei dogmi centrali del Cristianesimo! La grandezza e modernità del Paradiso è proprio in questa sua straordinaria capacità di poter offrire in forma sensibile i misteri della Fede.
Come San Francesco aveva reso visibile Cristo tramite la sua vita e le stigmate della Passione, così Dante è riuscito a rendere visibile Dio attraverso la sua poesia. La sua novità e modernità sta appunto in questo: sia San Francesco che Dante Alighieri hanno messo al centro la loro vita per mettere al centro Dio. Dante viaggia con tutta la sua vita e tutta la sua storia nell’aldilà e fino alla fine non smetterà mai di essere sé stesso. La scoperta che solo grazie al nostro io riusciamo a relazionarci con il mondo e dare un significato alla vita è la grande rivoluzione che Francesco e Dante hanno operato. Una rivoluzione che è alla base del nostro sentire moderno e che in Dante si attuò nel Paradiso più che altrove: "ciò che non è descrivibile, ve lo descrivo perché l’ho visto".
Qual è la specialità di "Dante per tutti", tra le molte proposte relative a Dante Alighieri?
Il rapporto con il pubblico. Non si svolge una lezione e nemmeno uno spettacolo, non è intrattenimento e nemmeno insegnamento ma siamo tutti sullo stesso piano. Mi viene da dire che quanto accade ogni giovedì sia come una performance dove tutti siamo partecipi. Siamo tutti attori perché tutti proviamo, insieme, la necessità di sentirci parte di una tradizione e di comprendere la nostra storia. Il successo dell’iniziativa è appunto in questa continua condivisione. Non sono un professore e non salgo in cattedra e cerco di spiegare in maniera chiara ed avvincente l’opera di Dante perché anche io ho sentito la necessità di comprenderlo con lo stesso spirito col quale il pubblico viene ad ascoltarlo.
È, insomma, un’operazione sincera quella che accade ogni giovedì, qualcosa di emozionante, un avvicinare Dante al pubblico perché anche io ho voluto sentirlo vicino. Ed è davvero bello vedere tanti ragazzi, italiani e stranieri, partecipare e fare domande e talvolta prendere appunti e renderti partecipe delle loro riflessioni. È qualcosa di molto bello quello che succede, qualcosa di vivo.
Ci sono altri progetti in cantiere?
Sì, e non riguardano il solo Dante. Sto lavorando per ricostruire e raccontare al pubblico il mondo del XIII e XIV secolo. È un lavoro complesso ma entusiasmante: mettere in scena e far parlare nel loro linguaggio istrioni e giullari medievali e ricostruire con la stessa libertà degli autori dell’epoca le rappresentazioni sacre che si svolgevano nelle chiese e nelle piazza delle città. La sfida che mi sono imposto è riuscire ad essere originale restando fedele all’epoca storica.
Valeria Noli