SAPIA SALVANI Pg. XIII, 100
Cornice II - invidiosi

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Sapia apparteneva alla famiglia senese dei Salvani ed era zia, quindi, di Provenzano. Andò sposa a Ghinibaldo di Saracino, signore di Castiglioncello.
Poco si conosce della sua vita; il suo testamento, datato 1274, fa luce sulla protezione, accordata da Sapia dopo la morte del marito, all'ospizio di S. Maria per i pellegrini in viaggio verso Roma, ma nessun altro documento testimonia quanto si legge nella Divina Commedia, cioè l'odio verso i suoi concittadini ed il nipote Provenzano, di cui sperò la sconfitta ad opera dei fiorentini a Colle Val d'Elsa l'8 giugno 1269.

Il personaggio di Dante è soprattutto rappresentazione poetica priva di circostanziati agganci alla realtà, paradigma di quella invidia che non ha bisogno di motivazioni, ma è semplice anti-carità.

Pg. XIII, 109-110
Savia non fui, avvegna che (sebbene) Sapìa
fossi chamata ...

Sulla scorta del più celebre esempio evangelico petram/Petrus il gioco etimologico qui è imperniato sul vocabolo tardo-latino "sapius" origine del nome Sapia e dell'aggettivo "savia": Sapia, che aveva la saggezza scritta nel nome, non si rivelò, tuttavia, altrettanto saggia nella vita da evitare il peccato di invidia.
Tipico atteggiamento medievale è quello di cercare una corrispondenza fra le cose ed i loro nomi: "nomina sunt consequentia rerum" diceva, infatti, la filosofia scolastica e largo fu il parallelo fiorire di dizionari etimologici.