BONAGIUNTA ORBICCIANI da LUCCA Pg. XXIV, 19
Cornice VI, Golosi

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Notaio e poeta vissuto intorno alla metà del XIII secolo, Bonagiunta trasportò in ambiente toscano lo stile della Scuola poetica siciliana, fiorita alla corte di Federico II e sostenne, poi, una polemica in rima con Guido Guinizzelli, che accusò di essersi distaccato dai canoni siciliani per inaugurare un nuovo stile.

Dante condannò di Bonagiunta la lingua troppo fitta di vocaboli locali (VE I xiii 1) e lo stile poetico d'amore, di cui ebbe una concezione profondamente differente. Tuttavia i rapporti tra i due poeti dovettero essere stati amichevoli se Bonagiunta riconosce subito e con affetto Dante pellegrino e tenta di lenire il dolore del preannunciato esilio con la profezia di una consolatrice lucchese.
Alle sollecitazioni di Bonagiunta Dante risponde con la terzina che riassume l'essenza dello stile poetico giovanile e ne consente il pieno recupero non solo in termini nostalgici, ma anche concettuali:

Pg. XXIV, 52-54
... "I' mi son un che, quando
Amor mi spira, noto, e a quel modo
ch'e' ditta dentro vo significando"

La rappresentazione poetica dell'amore cessa, quindi, di essere una vicenda sentimentale, se pur stilizzata al massimo grado, come era quella dei Siciliani e di Bonagiunta stesso, e diventa introspezione, storia della maturazione della spiritualità.