SIGIERI di BRABANTE Pd. X, 133
Cielo IV - Sole - Spiriti Sapienti - Prima ghirlanda

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La prima notizia che riguarda Sigieri, nato nel ducato di Brabante (nel territorio dell'attuale Francia) probabilmente nella prima metà del '200, è del 1266, quando il suo nome compare fra i fomentatori delle agitazioni studentesche dell'Università di Parigi.
In quegli anni Sigieri insegnava nell'ateneo parigino ed era riconosciuto come il capo dell'Averroismo latino, un movimento di pensiero ispirato all'Aristotelismo radicale ed incurante dell'ortodossia cattolica.

Tale atteggiamento estremo provocò la dura reazione dei più importanti pensatori cristiani del periodo (Tommaso d'Aquino, Bonaventura da Bagnoregio, Alberto Magno) principalmente contro la dottrina, ma indirettamente contro la figura di riferimento, cioè Sigieri: la prima condanna pubblica del vescovo di Parigi Stefano Tempier è datata 1270, la seconda 1277.
Dopo la prima condanna Sigieri si appellò al papa e scese in Italia per difendere le sue tesi. Ad Orvieto, dove in quegli anni si trovava la Curia, Sigieri venne probabilmente tenuto sotto una rigida sorveglianza, ma forse non del tutto prigioniero.
In una data collocabile fra il 1281 ed il 1285, infine, fu ucciso da un servitore impazzito, ma molti sussurrarono che fosse stato eliminato su istigazione degli Ordini mendicanti (francescani e domenicani), che gli erano sempre stati tenacemente avversi.

Le opere di Sigieri, di cui solo 14 hanno un'attribuzione certa, mostrano la sconcertante dualità del suo pensiero, che, se da un lato, in quanto cristiano, accetta tutte le verità di fede, dall'altro, seguendo la filosofia aristotelica, esalta le potenzialità conoscitive, anche tendenzialmente pericolose, della ragione.
Questa dualità tra fede e ragione è un'esperienza vissuta anche dal giovane Dante che, tuttavia, nella maturità viene risolta con la piena adesione alla fede.

I critici si sono interrogati a lungo sulla presenza di Sigieri di Brabante fra gli Spiriti Sapienti: si può pensare che Dante abbia voluto in lui esaltare il tormento, che ben conosceva, di chi non rinuncia a pensare se pur diviso "tra la forza della ragione e la necessità della fede" (U. Bosco, note, pag.170).
Il verso "che 'n pensieri / gravi a morir gli parve venir tardo" (Pd. X, 134-135) costituisce uno dei nodi critici della Commedia: taluni ritengono che Dante alluda alla persecuzione delle idee di Sigieri ed alla prigionia ad Orvieto, che gli fecero forse desiderare di abbreviare il tempo della vita terrena, altri invece, pur non escludendo la precedente considerazione, ritengono che i "pensieri gravi" di Sigieri siano l'angoscia derivata dai dubbi che la sua speculazione sollevava senza risolvere.