«I pugni si danno, i pugni si prendono. (…) E io nella vita ne ho preso tanti di pugni, veramente tanti… ma lo rifarei, perché tutti i pugni che ho preso sono serviti a far studiare i miei figli.» Sono parole di Primo Carnera, simbolo di un’Italia povera che non esiste più, ma che desiderava fortemente l'istruzione e il benessere dei suoi figli. Racconta la cronaca (e la leggenda) che lui era un uomo buono, sfruttato dai manager e perfino dalla malavita, esibito dal regime come simbolo di potenza.
Prima di tutto fu un emigrante. Nato il 25 ottobre 1906 a Sequals, paesino al tempo in provincia di Udine (oggi nella provincia di Pordenone), rimasto orfano di padre durante la Prima guerra mondiale, era un emblema di forza e potenza fisica già dalla nascita, quando pesava ben 8 chili. Con uno sviluppo fisico precoce, a 17 anni era alto circa due metri e pesava 120 chili.
Dapprima in Francia, ospite della famiglia degli zii, iniziò a lavorare come carpentiere. Fu la sua stessa famiglia che lo iniziò al pugilato. Nel 1925, aggregato a un circo, sbarcava il lunario facendo "il fenomeno da baraccone”, distinguendosi per la sua forza. Bisognava sconfiggerlo per vincere una ricompensa.
Visto dal già campione dei pesi massimi Paul Journée durante un'esibizione, rinunciò alla carriera di lottatore circense e riprese il lavoro di fatica. Ma si allenava nella palestra dell'ex campione. Carnera fu rappresentato per primo da Léon Sée che avviò la fortuna della sua immagine, seppure con metodi poco onesti. Riportano le cronache che il manager combinava le vittorie di Carnera con gli avversari, per rafforzare la fama di Primo che nel frattempo raffinava la sua tecnica, forse (non è sicuro) inconsapevole di tutto ciò.
Soprannominato "la montagna che cammina lentamente", giunse negli Stati Uniti nel 1929. Era l’anno della Grande crisi, sviluppatasi anche tra le mani della malavita organizzata. Lui fu protagonista di molti incontri fino a quello ‘fatale’ del 1933 che sarebbe costato la vita a Ernie Schaaf. Dopo un incontro nel quale sembra abbia subito dei danni cerebrali, andò prima al tappeto e poi in ospedale dove morì dopo 4 giorni di agonia.
Un periodo di ritiro prima del 1933, quando Carnera si aggiudicò, primo italiano, il titolo mondiale. Era il 29 giugno e lui sconfisse il campione in carica Jack Sharkey. Nel 1948 fu un altro italiano, Antonino Rocca, a interrompere il record di Carnera: ben 321 vittorie consecutive.
Più in là negli anni fu attratto anche dalla lotta libera e il mondo del cinema gli spalancò le porte della produzione di quindici film,. Fu il protagonista in Ercole e la regina di Lidia (il suo ultimo film, nel 1959) dopo essere stato "il capo dei cannibali" in Due cuori tra le belve, del 1943, con Totò. Fece anche una tournée con Renato Rascel e nel 1957 aprì un negozio di liquori.
Proverbiale la sua mole , come la sua monumentale ingenuità. Le cronache raccontano un uomo credulone, votato alla famiglia, ardentemente desideroso di far studiare i suoi figli. Ne ebbe due, Giovanna Maria e Umberto, dalla moglie Giuseppina (Pina) Kovacic. Lei compare anche in qualche immagine, nelle due ore di filmati privati raccolti dalla Cineteca del Friuli.
Cliccando sul collegamento, al minuto 1:08 anche la divertente sequenza del pugile che monta a cavallo senza riuscire a infilare nelle staffe la punta delle sue enormi scarpe numero 50 o 52.
Primo Carnera morì il 29 giugno 1967. In quello stesso giorno del 1900, era nato Antoine de Saint Exupéry, autore del Piccolo Principe, un altro emblema di ostinata ingenuità, che è molto vicina alla poesia.
VN
Immagine dell'articolo: fotogramma estratto da: Due cuori tra le belve.
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