DAVIDE Pd. XX, 38
cit. Inf. IV, 58; Inf. XXVIII, 138; (l'umile salmista) Pg. X, 65;
(sommo cantor del sommo duce) Pd. XXV, 72;
(cantor che per doglia / del fallo disse 'Miserere mei') Pd. XXXII, 11-12
Cielo VI - Giove - Spiriti Giusti, Occhio dell'aquila imperiale, pupilla

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Pd. XX, 37-39
Colui che luce in mezzo per pupilla,
fu il cantor de lo Spirito Santo,
che l'arca traslatò di villa in villa.

La terzina che individua il biblico re Davide come la pupilla dell'Aquila imperiale, lo spirito più luminoso del cielo di Giove, sintetizza i due episodi fondamentali della sua vita: la traslazione a Gerusalemme dell'Arca dell'Alleanza, che custodiva i rotoli della legge, e la sua attività di salmista.

In ebraico Davide significa "il diletto", "l'amato", ed egli fu, in effetti, l'oggetto dal favore divino: "Egli edificherà una casa al mio nome ed io renderò stabile per sempre il trono del suo regno. Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio. Se farà il male, lo castigherò con verga d'uomo ... ma non ritirerò da lui il mio favore" (2 Samuele 7, 13-15).

Il primo Libro di Samuele, che fa parte della sezione dei libri storici della Bibbia, narra le vicende della giovinezza di Davide, vissuto nel sec. XI a.C. e dell'ascesa al trono di Israele.
Ultimo dei figli di Iesse, pastore di Betlemme, il più gracile e, fatto ancor più grave nel mondo ebraico, rosso di capelli, fu scelto da Samuele, inviato dal Signore ad ungere un nuovo re poichè Saul era caduto in disgrazia, suscitando lo stupore generale (cap. 16).
Davide venne, così, educato a corte ed ebbe modo di distinguersi per la sua astuzia, che compensava ampiamente la mancanza di forza fisica, uccidendo il gigante Golia nella guerra contro i Filistei. Dopo questa impresa gli fu data in moglie Micol (Pg.), la figlia del re Saul, dalla quale non ebbe figli; l'odio del re lo costrinse a fuggire da Gerusalemme ed a tenersi nascosto per molti anni.
Tuttavia, alla morte di Saul (Pg.) nella battaglia di Gilboa, Davide fu acclamato re (2 Samuele, 2).

Il regno di Davide fu scandito da ripetute guerre, tutte vittoriose, contro le tribù della terra di Canaan (Filistei, Gebusei, Moabiti, Ammoniti, Idumei) allo scopo di rendere più stabili e sicuri i confini del regno di Israele. La traslazione a Gerusalemme, ormai sicura e pacificata, dell'Arca dell'Alleanza, infine, fu il momento di maggior gloria per il re.

Nel frattempo la famiglia di Davide si era arricchita di mogli e di figli, ma non godeva di serenità. Nel tempo della guerra contro gli Ammoniti, il re intrecciò una relazione adulterina con Betsabea, moglie del generale Uria. Quando Betsabea si accorse di essere incinta, Davide richiamò a Gerusalemme il marito di lei e cercò in ogni modo di indurlo a trascorrere una notte nella sua casa, ma, fallito ogni tentativo, rimandò Uria al fronte con l'ordine preciso di porlo al centro della mischia perchè restasse ucciso (2 Samuele 11). Trascorso il periodo del lutto, Davide sposò Betsabea ed ella partorì il figlio legittimamente, ma il profeta Natan rimproverò aspramente al re la sua condotta disonesta, profetizzandogli la morte del figlio. (2 Samuele 12).
Il bambino poco dopo la nascita morì e Davide, ormai pienamente consapevole del suo errore, scrisse uno dei salmi più belli, grande espressione di fede ed, insieme, grande opera di poesia (Salmo 50 (51), chiamato anche il 'Miserere' dal primo verso nella traduzione latina: 'Miserere mei domine, secundum misericordiam tuam').

Ma i dolori familiari di Davide non terminarono con la morte del figlio dell'adulterio.
Il primogenito Amnon violentò la sorella Tamar, ed il fratello gemello di questa, Assalonne per vendicare l'offesa, uccise Amnon e si diede alla fuga.
Rientrato in città dopo tre anni, svanito ormai il dolore di Davide, Assalonne (Inf.) ordì una congiura, proclamandosi re di Ebron e costringendo Davide alla fuga (2 Samuele 15, 7-12), ma rifiutandosi di ucciderlo.
Si venne in breve allo scontro frontale nella foresta di Efraim, luogo di incerta identificazione, dove Assalonne, impigliatosi con i suoi lunghi capelli nel folto dei rami, fu raggiunto ed ucciso.

In seguito anche un altro figlio, Adonia, tentò di usurpare il trono paterno, nonostante Davide avesse già destinato Salomone, il secondo figlio di Betsabea, ad essere il suo erede e terzo re di Israele.
A settant'anni, dopo quaranta anni di regno (dal 1004 al 961 a.C. circa) in cui era riuscito ad assicurare l'indipendenza di Israele e la sua interna organizzazione politica, militare e religiosa, Davide morì lasciando a Salomone la realizzazione del suo sogno più grande: il tempio di Gerusalemme.

Davide fu autore di un gran numero dei componimenti poetici del biblico Libro dei Salmi. A parte quelli che nell'intestazione lo indicano esplicitamente come autore, sono attribuiti al re un numero di Salmi che varia fra le varie indagini critiche.
I salmi di Davide sono, nel loro insieme, un'eccezionale opera di poesia per la profondità del pensiero e della fede che vi viene espressa e per la freschezza delle immagini utilizzate.
Davide è comunemente ritenuto, sia dal mondo ebraico sia dal cristianesimo, la prefigurazione del Messia, l'unto del Signore.

Più volte, nella Commedia, Dante fa riferimento a singoli episodi della vita del re Davide.

In Inf. IV, 58, Virgilio spiega come l'anima del re Davide sia stata liberata dal Limbo dal passaggio di Cristo nel tempo intercorso fra la morte e la resurrezione.
In Inf. XXVIII, 138, Bertram del Bornio (Inf.) paragona il suo aver seminato discordia alla corte inglese a ciò che Achitofel (Inf.) fece tra Davide ed il figlio Assalonne che, ribellatosi al padre, trovò la morte.

In Pg. X, 65 fra gli esempi di umiltà premiata scolpiti sulla parete della prima cornice del Purgatorio è presente anche l'episodio dell'ingresso in Gerusalemme dell'Arca dell'Alleanza: il re Davide, scalzo e con la veste sollevata, danzò la sua gioia precedendo l'Arca in città, mentre la moglie Micol (Inf.) guardava sdegnata dal palazzo reale.

Le due citazioni del Paradiso, invece, si riferiscono all'attività poetica di Davide: la prima, Pd. XXV, 72-74, riprende il concetto espresso nel cielo di Giove di Davide "sommo cantor del sommo duce (Dio)", con specifico riferimento al suo essere cantore della speranza (i versi 73-74 sono una fedele traduzione di Salmi 9, 21); l'altra, "cantor che per doglia / del fallo disse 'Miserere mei'" Pd. XXXII, 11-12, ricorda ancora l'adulterio con Betsabea e la composizione del Salmo 50 (51).